Malpelo e Ranocchio personaggi del passato o nostri contemporanei?

di Tiziana Mazzaglia  @TMazzaglia

 

Pubblicato in «I Vespri», 15/06/2013, pg. 18, tot. p. 1 http://www.ivespri.com

Chiunque abbia frequentato le scuole, anche se non brillantemente ricorderà la storia di un ragazzino dai capelli rossi, odiato da tutti, destinato a morire sotto una cava, come il padre, soprannominato “Malpelo”, per via credenze popolari che ritenevano i capelli rossi un distintivo di animo cattivo. È il noto scrittore siciliano Verga a tramandarne la storia, edita per la prima volta nel 1880. Una vita triste e faticosa di un ragazzino lavoratore, senza diritti e senza una vita privata affettiva, umiliato e disprezzato da tutti, anche dalla madre, che aveva addirittura dimenticato il nome di battesimo e lo chiamava anche lei, Malpelo. Verga scrive questo racconto storico-realistico, per lasciare una testimonianza del suo tempo, eppure, rileggerla oggi, nel 2013 ci sorprende lo stupore e lo sdegno del trovarla attuale! La disoccupazione dei nostri giorni sta portando ad indietreggiare verso mentalità superate e diritti conquistati. La clessidra continua a scandire i secoli, ma gli uomini non scandiscono la loro sostanza grigia, ci troviamo ancora in condizioni inaudite. Malpelo era solo un ragazzino, eppure lavorava in miniera in una condizione malsana, pericolosa e con orari prolungati, senza indennizzi. E vogliamo parlare di Ranocchio, quest’altro ragazzino aveva perso le gambe, a causa di un infortunio sul lavoro, eppure, continuava ad essere sfruttato adoperando le mani per spostare massi. In quel periodo l’invalidità non esisteva, ai nostri giorni, sì, ma quante persone lavorano pur essendo in condizione di salute problematica? perché ancora non hanno i requisiti per andare in pensione? Si continua ad essere macchine di una società che se va bene ti succhia fino al midollo, e se non va bene ti lascia in un angolo della strada inerme e arido. Forze lavoro non utilizzate e altre in sovraccarico, un sistema che non può che portare alla rovina. Giovani senza futuro, precari costretti a vivere nell’ansia dell’attesa, che spesso porta all’esasperazione. Chi risolverà questa situazione? Com’è possibile che ancora oggi molti lavoratori non vedono applicati i loro diritti. Lavoratori costretti a lavorare senza percepire lo stipendio, con la minaccia del licenziamento, quando a casa hanno altre persone da mantenere. Sempre più spesso viene chiesto di lavorare gratis, decine di offerte di lavoro sui portali telematici e di retribuzione non se ne parla! Se poi si chiedono informazioni si scatenano reazioni polemiche e ci si sente dire: “perché lei vuole anche essere retribuito?” Nelle scuole ci sono ragazzini costretti a ritirarsi, per andare a lavorare, perché i genitori sono stati licenziati e a loro è stato promesso qualche lavoretto in nero. Famiglie che si sfamano alla mensa del povero, bollette non pagate e c’è anche chi si presenta a scuola con i capelli bagnati, “mia madre non ha pagato le bollette”. Negozi e fabbriche che chiudono al nord Italia. Decine di licenziamenti, vite distrutte come alberi sradicati. Eppure, la natura ci ha mostrato come il disboscamento abbia portato a crolli irreparabili. Basterebbe osservare di più quello che ci circonda per far scorrere la nostra materia grigia in sincronia con la polvere delle clessidre, perché i danni lasciano il loro segno! La tecnologia ci offre modelli sempre nuovi e rivoluzionari, perché non anche la politica? Ogni granellino di tempo contribuisce a riempire il nostro secolo e il nostro futuro. Non è bastato il grido dei maestri del passato per dare insegnamento ed evitare gli stessi orrori? Anche oggi si parla di morti sul posto di lavoro, l’UE conta venticinque vittime al giorno. Ricordiamo la strage di un’azienda tessile a Dacca, nel Bangladesh, dove è crollato uno stabile provocando circa trecentoquaranta vite spezzate. Ancora, altri due episodi, di incendio, uno nella fabbrica bengalese a Tazreen, con un bilancio di centododici lavoratori deceduti. L’altro incendio alla pakistana Ali Enterprises, con un calcolo di circa trecento lavoratori morti. Episodi di cronaca ricorrenti nel 1880 ancora attuali!